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Dalle carte di uno dei più caparbi e coerenti censori del costume italiano emerge un dimenticato diario del 1960. Studente alla scuola di assistenti sociali di Roma, Goffredo Fofi aveva allora ventitré anni, ed era reduce da un'esperienza di lavoro a Partinico e nelle baracche di Palermo al seguito di Danilo Dolci. Anno "strano" il 1960, in cui si rincorrono il governo Tambroni, le rivolte di luglio, i prodromi del centro-sinistra, i primi segni del "miracolo economico", la morte di Fausto Coppi e di Adriano Olivetti, la "prima" della Dolce vita di Fellini. Un periodo, come nota lo stesso Fofi, singolarmente povero di testimonianze, così abbondanti invece per la generazione precedente, ancora segnata dal fervore dell'antifascismo, o per quella successiva, ribelle e insoddisfatta degli esiti del primo benessere. Ma le pagine di Fofi attestano anche un cruciale spostamento geografico degli interessi politici: esse compongono un "diario di viaggio" dal Sud contadino, eletto a sede di esperimenti di "comunità", alla Torino di Raniero Panzieri e dei primi entusiasmi operaisti. Ne scaturisce il ritratto di una "famiglia" della sinistra italiana, attraversata da forti e sincere tensioni religiose e politiche, estranea alle grandi "chiese" del tempo, popolata di personaggi come Manlio Rossi-Doria ed Ernesto De Martino, Carlo Levi ed Ernesto Rossi, Pier Paolo Pasolini e Claudio Napoleoni, Gigliola e Franco Venturi, Norberto Bobbio. Nuova edizione con una Introduzione del 2012.